10 agosto 1861: Ruvo assaltato e distrutto dai briganti di Carmine Crocco

Briganti_FerrieriPer la verità storica e per non dimenticare…

Sulle cause del brigantaggio molto si è scritto in sedi più autorevoli ed appropriate di questa, ed a quelle si rimanda per un eventuale approfondimento.

Basti qui ricordare che,  dopo il 1860,   la disillusione seguita nel Meridione successivamente all’Unità d’Italia, a seguito della scacciata dei Borboni e dell’insediamento dei nuovi regnanti di Casa Savoia, portò un generale malcontento che, abilmente cavalcato da chi aveva grossi interessi personali da difendere (un poco come avviene ai giorni nostri), determinò il nascere ed il dilagare del fenomeno “brigantaggio”, sedato con non poche difficoltà, con pochi scrupoli e con molto sangue sparso, spesso innocente, da parte dell’esercito “piemontese”.

Crocco Determinò inoltre la fama, e spesso il mito e  la leggenda, di personaggi come Carmine Donatello Crocco, il “capo” per eccellenza, o Ninco Nanco.

Per quanto riguarda l’argomento specifico, la Basilicata ed il Vulture soprattutto furono il teatro di azione delle bande dei briganti, e Ruvo del Monte, per la sua posizione e per la sua importanza come centro di particolare rilievo a quei tempi,  non fu risparmiata dalla furia e dai saccheggi di Crocco.

Nell’estate del 1861 “il Generale” Crocco veniva da eclatanti successi riportati in Irpinia, quali quelli di Monteverde, Carbonara (oggi Aquilonia), Calitri e Sant’Andrea di Conza, dove sbeffeggiò le truppe della Guardia Nazionale Piemontese e le loro insegne.

Scrive Michele Saraceno, autorevolissimo storico, nel suo libro “Il Brigantaggio Post-Unitario Nella Regione Del Vulture” (Quaderni Conoscere Il Vulture – 1985), che “… i successi riportati in Irpinia da Crocco dimostrarono quanto “il Generale”  fosse ancora forte e di quella forza, non ancora fiaccata, sperimenteranno poi altri paesi , altri reparti di Guardie Nazionali, le truppe regolari infine.

Se pure, a volte, si fece più intenso il desiderio di riabilitazione, se talvolta lo assalì il pensiero di costituirsi, sempre Crocco si adoperò per conservare e consolidare le sue posizioni di forza, unico rimedio, queste,  contro eventuali trattative unilateralmente dettate.

Ed è questa la chiave di lettura da adottare per interpretare le azioni successive,  fra cui, per citarne solo le più eclatanti,  quelle di Ruvo del Monte e di Toppacivita.

Nel luglio del 1861, dal generale Della Chiesa, comandante la 16a Divisione attiva – Salerno e Potenza – col compito di organizzare e dirigere la repressione, veniva adottata la politica del bastone e della carota.

Il bastone avrebbe dovuto colpire duramente e senza tregua i briganti fin nei loro rifugi più sicuri e fungere da deterrente avverso il signore manutengolo.

Così si avevano gli scontri del 27 luglio nelle vicinanze di Lavello tra le bande e i Lancieri di Milano; del 29 nel bosco di Ripacandida tra i bersaglieri, stanziati a Rionero, e la banda di Ninco Nanco, così veniva arrestato il 13 ottobre, e rilasciato il giorno dopo, Pasquale Fortunato, per dimostrare – con l’esemplarità del gesto – che la guarentigia fattuale dell’ “intoccabilità” poteva subire delle deroghe.

La carota doveva, invece, servire a blandire il brigante: infatti , il 3 agosto Della Chiesa emanava un bando con il quale si prometteva un più mite trattamento sanzionatorio a quanti si fossero spontaneamente costituiti.

Ora contro tale tattica politica occorreva fieramente reagire.

Crocco ed i suoi dovevano  dimostrare di non essere intimiditi dal bastone, né lusingati dalla carota: da qui l’attacco a Ruvo, da qui lo scontro a Toppacivita.

Il 10 agosto Crocco attaccava e conquistava, alla solita maniera, Ruvo del Monte, dopo che aveva dall’interno fatta iniziare l’agitazione della plebe.

Crocco Foto

Foto di Carmine Crocco

Vinta la difesa della Guardia Nazionale e di elementi della borghesia liberale, il paese veniva saccheggiato, gli archivi comunali bruciati, 13 cittadini trucidati: D. Vincenzo Patrissi, Giuseppe Vodola, D. Pietro e D. Marco Blasucci, D. Giovanni Musano, Rosa Papara, Michelangelo Vosa, Giuseppe Amodio, Giovanni Tucciariello, Alfonso Traficante, Giuseppe Pelosi, D. Francescantonio Patrissi e D. Pietro Vodola.

Un reparto di bersaglieri di presidio a Rionero, al comando del maggiore Guardi, coadiuvato da Guardie Nazionali di Rionero e di San Fele, rioccupava il paese, dopo però che Crocco, finito il sacco, si era già allontanato.

Giungeva da Calitri, infine, anche un reparto del 62° Fanteria comandato dal maggiore Du Coll.

La presenza delle “truppe liberatrici”, che avrebbe dovuto risollevare gli animi, provocava invece nuove scene di panico.

Dal comandante del reparto dei bersaglieri veniva subito ordinato il rastrellamento del paese e la fucilazione, senza processo, di numerosi cittadini.

Poi, lasciati i cadaveri dei fucilati ad imputridire sul luogo della loro esecuzione, questi convocava presso di sè i notabili ai quali perentoriamente ordinava di provvedere ai bisogni delle truppe.

E perché motivatamente si rifiutavano, li faceva arrestare sotto l’accusa di attentato alla sicurezza dello Stato e di complicità in brigantaggio.

Tra gli arrestati erano, oltre il capitano della Guardia Nazionale, anche Francesco Vodola, il cui padre era stato massacrato dai briganti, nonché il cassiere comunale.

Al processo gli arrestati insistettero nella loro versione dei fatti che,  all’incredulo magistrato inquirente, sembrarono inverosimili fino a quando non furono confermati anche da alcuni ufficiali del reparto dei bersaglieri comandato dallo stesso Guardi.

Costui era costretto ad ammettere la cosa; escludeva, tuttavia, di avere impartito personalmente l’ordine di esigere somme dai naturali di Ruvo… tale ordine, precisò nella deposizione resa il 17 gennaio 1863, però fu dato dal maggiore Du Coll del 62° Fanteria.

Della conquista di Ruvo da parte di Crocco poco o quasi nulla disse non solo la storiografia dominante (così Del Zio – Il brigante Crocco e la sua autobiografia – Melfi, Grieco, 1903 – che neanche con una semplice citazione allude all’accaduto; N. Bourelly – che solo genericamente lo riporta; G. Racioppi – che poche righe gli dedica: “Nella state di quell’anno la Basilicata non aveva dai masnadieri infestato che il Melfese; ove quell’agosto invasero Ruvo del Monte e vi fecero uccisioni e danneggiamenti ferocissimi” ; R. Riviello – che lapidariamente in proposito scrive: “Nel 10 agosto un’orda numerosa di briganti invadeva Ruvo della nostra Provincia, commettendovi strage, incendi e saccheggi,  e quando accorsero le Guardie Nazionali dei paesi vicini trovarono che i briganti di già si erano ritirati”.) – e ciò comprova certa capziosità storica – ma anche il cultore estemporaneo che del brigantaggio post-unitario si è occupato.

La stampa dell’epoca citò l’accaduto marginalmente, eccezion fatta per un retorico articolo ad esso dedicato da Laviano (G. Laviano “Sù lagrimevoli casi di Ruvo”).

Evidente la causa: tacere la vittoria conseguita dai “cafoni”.

Altrettanto evidente la causa del silenzio generale sul comportamento delle “truppe liberatrici”: non voler riconoscere e far conoscere quanto dura, spietata ed arbitraria fosse certa repressione.

Detto silenzio, inviolato per circa cento anni, veniva infranto con indubbia onestà storica da Tommaso Pedìo, che al “caso Ruvo”, inoltre, nega la qualifica di eccezione, dimostrando come altre volte fosse stata adottata la stessa crudeltà repressiva (Tommaso Pedìo, Reazione, pag. 63: “A dimostrare quale fosse il metodo seguito dalle autorità militari in Basilicata è anche l’episodio verificatosi in Trivigno dopo il sacco operato da Borjès il 3 novembre 1861.

Il comandante del reparto militare che occupò quel centro abitato, dopo aver fatto eseguire un rastrellamento e fatto fucilare alcuni prigionieri, emanò un bando promettendo il perdono ai ricercati che si fossero presentati.

Dopo la pubblicazione del bando, sino al 3 dicembre si presentarono 28 ricercati.

Nonostante le promesse, la mattina del 5 dicembre 1861, senza alcun processo, i 28 cittadini di Trivigno che si erano spontaneamente costituiti dopo la pubblicazione del bando, vennero fucilati per ordine di quell’ufficiale nella piazza del paese” (ASP , Proc. vol. stor. , 275/1 , ff 19 e segg.).

E fu proprio in relazione al fatto di Ruvo che ebbero inizio le difficoltà di Guardi.

Questi veniva accusato di connivenza con Crocco e di aver ricevuto parte dell’abbondante danaro che il Generale mandava a Pasquale Catena, nella cui casa l’ufficiale aveva preso alloggio, in cambio di notizie sui movimenti delle truppe.

Per i suddetti addebiti, il 1° novembre 1861, il maggiore Guardi veniva arrestato sotto l’imputazione di tradimento  e -inviato al Castel dell’Ovo in Napoli- deferito alla Commissione Militare di Inchiesta.

Da questa, in Torino, solo il 7 marzo 1862, veniva assolto per l’insussistenza delle accuse e rimesso in libertà …”.

targa brigantaggio

La targa apposta in Piazza Olmo a Ruvo del Monte che ricorda i caduti del 10 agosto 1861 per mano dei briganti

A fronte della verità storica, peraltro confermata ed approfondita da altri documenti che vengono messi a disposizione di tutti in questo sito, ci venga consentito un piccolo ma necessario spunto polemico.

Alcuni anni fa venne diffusa una sedicente pubblicazione storica (rigorosamente anonima) curata da un vicino Comune, nella quale, anziché far conoscere al lettore (se mai ce ne fossero stati) eventi storici ad esso riferiti e degni di essere ricordati, ci si è arrampicati sugli specchi (tra l’altro manomettendo la fonte che già di per sé, a detta di tutti gli storici, è quella più retorica e meno rispondente alla verità dei fatti – ci si riferisce alla relazione del Corriere Lucano II settembre 1861 n.23 su “I Lagrimevoli Casi Di Ruvo”)  per dimostrare a “… qualche spocchioso ruvese…” (testuali parole) che Ruvo del Monte, assaltata dai briganti, fosse stata liberata grazie al coraggioso e disinteressato intervento della Guardia Nazionale di stanza in quel paese.

Ebbene i fatti sono a disposizione di tutti: basta qui ricordare che la Guardia Nazionale (che certo non si è distinta per tempestività e coraggio , ma piuttosto per codardìa e viltà) è giunta da tutt’altri paesi e quando ormai i briganti erano andati via, ed inoltre si è resa essa stessa responsabile di ulteriori e più gravi angherie delle quali,  pertanto, i presunti coraggiosi e disinteressati “liberatori” sarebbero complici e coautori.

La verità è che la storia e l’importanza  di un luogo parlano  e si manifestano  da soli : da qui l’interesse (putroppo) dei briganti per Ruvo del Monte e non (per fortuna di questi) per un vicino paese, nel quale evidentemente non vi era nulla di qualunque genere che potesse attirare loro l’attenzione.

Se un luogo ha storia essa trasuda da ogni parte di esso: le testimonianze scritte e di fatto riguardanti Ruvo del Monte lo dimostrano (basta arare un terreno perché questa storia millenaria si manifesti).

Chi invece vive un inutile ed ossessivo complesso di inferiorità (storica) è costretto ad inventarsi di tutto (antiche origini , gloriosi guerrieri , stemma comunale,  presunte citazioni nell’Eneide e quant’altro) pur di dimostrare l’indimostrabile, salvo poi  arrendersi necessariamente all’evidenza (storica).

Ci si dedichi in questo paese a promuovere quanto di vero, di utile, di sano, di rispettoso, di importante e di interessante, sotto ogni aspetto, c’è in questo vicino centro abitato: altrimenti si corre il serio rischio che, a causa di pochi incolti (in senso storico), stupidamente facinorosi,  venga coperta di ridicolo la stragrande maggioranza sana dei suoi abitanti che, onestamente e per conoscenza e stima diretta reciproca, non lo meritano, come non meritano, pertanto, di essere rappresentati da siffatti “paladini”.

La storia di Ruvo del Monte venga lasciata ai ruvesi ed a coloro che guardano con obiettività ai fatti,  perché essa merita tempo ed attenzione non superficiali, e perché questi sanno riconoscere con sincerità ed onestà quando c’è da ringraziare qualcuno.

“…MA CROCCO NON SI MOSTRAVA SEMPLICEMENTE NELLE CAMPAGNE DI MELFI O NELLA PUGLIA, AL DI QUA DELL’OFANTO, SI BENE PIOMBAVA COI SUOI DA UN PUNTO IN UN ALTRO, DA UN PAESE IN UN ALTRO, E SEMPRE ALLA TESTA DI CENTINAIA DI BRIGANTI.

NEI PRIMI DI AGOSTO (1861 N.D.R.), EGLI ASSALE RUVO DEL MONTE… E LO STESSO CROCCO… PARLANDO DI RUVO DEL MONTE  DESCRIVE CON AMMIRAZIONE IL CORAGGIO DI QUEI CITTADINI E LA DIFESA DELLA LORO PATRIA.

SONO PAGINE CHE TORNANO ALLA GLORIA DI QUELLA CITTADINANZA, DI QUEL PAESE, LA CUI ESISTENZA E’ QUASI IGNORATA, MA CHE, PARE, SEPPE DIFENDERSI CON TANTO EROISMO DALLE ORDE BRIGANTESCHE.

E SE PIETRAGALLA, BELLA, PESCOPAGANO MERITARONO IL TITOLO DI BENEMERENZA DELLA PATRIA, A PIU’ BUONA RAGIONE TOCCAR DEVE A RUVO DEL MONTE, PICCOLO PAESE DEL CIRCONDARIO DI MELFI, CHE RIFULSE, NEI RIVOLGIMENTI POLITICI, COME ASTRO SPLENDENTE DI LUCE IMPERITURA FRA I COMUNI D’ITALIA…”

(Da Basilide Del Zio: “Il Brigante Crocco E La Sua Autobiografia” – Bologna – Arnaldo Forni Editore – 1981 – Ristampa Dell’Edizione Di Melfi – 1903)

E’ oggi più che mai doveroso ripristinare e far conoscere la verità storica, come doveroso è il rispetto verso quei cittadini ruvesi trucidati innocentemente tanto dai briganti quanto da coloro che avrebbero dovuto essere i “tutori della legge e dell’ordine”.

Rispetto che richiederebbe, oltre che la diffusione della conoscenza storica sulla verità dei fatti, silenzio e riflessione: l’esatto contrario di qualche folkloristiica sfilata in costume (sedicente) storico, che mitizza ed enfatizza peraltro oltre misura solo l’aspetto più becero e deleterio di un tragico fatto storico e che offende la memoria di quei morti innocenti.

Ma, si sa, oggi manca del tutto ogni tipo di cultura, figuriamoci quella storica e quella del rispetto: tutto va bene pur di apparire ed ergersi a protagonisti della cultura e delle tradizioni… del nulla, con tanti saluti a chi in un evento non folkloristico e pittoresco, ma tragico, ha perso la vita.

Roberto Di Napoli

 

murale sull'episodio del 10 agosto 1861

Il murale dipinto sulla parete della Casa Comunale di Ruvo del Monte che ricorda l’eccidio perpetrato dai briganti di Carmine Crocco a Ruvo del Monte il 10 agosto 1861

 

PER APPROFONDIRE IL TEMA DEL BRIGANTAGGIO SI CONSIGLIA:

Michele Saraceno: “Il Brigantaggio Post-Unitario Nella Regione Del Vulture” – Rionero – Litostampa Ottaviano – 1985/Francesco L. Pietrafesa: “Il Generale Crocco – Cronache Brigantesche Nella Regione Del Vulture  – Rionero – Litostampa Ottaviano – 1985/Carlo Palestrina:  “Il Brigantaggio In Immagini” –  Rionero – Litostampa Ottaviano – 1985/Antonio Ciano : “I Savoia E Il Massacro Del Sud” – Roma – Grandmelò – 1996/Basilide Del Zio: “Il Brigante Crocco E La Sua Autobiografia” – Bologna – Arnaldo Forni Editore – 1981 (Ristampa Dell’Edizione Di Melfi – 1903).

 

PER UN APPROFONDIMENTO ANCHE DELLO SPECIFICO EPISODIO DI RUVO DEL MONTE SI CONSIGLIA :

Don Gerardo Gugliotta: “I Fatti Di Ruvo del 10 Agosto 1861 – Rivolta Sociale E Brigantaggio Nel Melfese In Basilicata” – Materdomini – Valsele Tipografica – 2003

Libro Don Gerardo Briganti

La copertina del libro di Don Gerardo Gugliotta

Documenti e testimonianze sui tragici fatti di Ruvo del Monte del 10 agosto 1861
(cliccare sulle scritte che seguono per aprire il file pdf) 

LETTERA DI GIUSEPPE CARRIERI A GIUSEPPE MICHELE GIANNATTASIO SUI FATTI DI RUVO DEL MONTE DEL 10 AGOSTO 1861 DATATA 14 AGOSTO 1861 (GIUSTINO FORTUNATO: “DIARII RIONERESI” – SOC. NAP. STORIA PATRIA)

RELAZIONE DEL SINDACO DI SAN FELE SULL’ACCADUTO

LETTERA DI GIROLAMO VITTADINI

RELAZIONE DEL “CORRIERE LUCANO” SUI “LAGRIMEVOLI CASI DI RUVO”

TESTIMONIANZA PROCESSUALE DELL’ARCIPRETE CATURANI

L’ASSALTO A RUVO RACCONTATO DA CARMINE CROCCO NELLA SUA AUTOBIOGRAFIA

LE PAGINE DEL “LIBRO DEI DEFUNTI” CONSERVATO NELL’ARCHIVIO PARROCCHIALE DI RUVO DEL MONTE
CHE RIPORTANO I MORTI DEL 10 AGOSTO 1861


 

 

 

     

 

 

 

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