Covid…facciamo chiarezza.

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Data la stagionalità e la circolazione di Omicron a pieno regime, non stupisce che i bollettini epidemiologici sottolineino un aumento consistente dei casi di positività.

La Basilicata, in tal senso, non è venuta meno e segna anche lei picchi di contagi fino ad ora mai visti (o visti molto raramente).

Le cause dell’impennata di positività sono varie, a partire dai sintomi che, a differenza della Covid “comune”, risultano in molti casi più lievi e vari. L’infezione da Omicron, infatti, causa perlopiù malanni tipici stagionali (facilmente confondibili con un comune raffreddore) che interessano anche i bambini. Rispetto al passato, molti studi sottolineano che la contagiosità di Omicron è dovuta al fatto che si concentri maggiormente nella mucosa nasale e nella saliva piuttosto che nel polmone. La nuova variante causa facilmente bronchiti, laringiti o tracheiti e che l’immunità naturale o artificiale (da vaccino) riducano sensibilmente le forme gravi. L’incubazione coprirebbe un range di 72 ore circa.

Occorre, data l’emergenza ancora in atto, ricordare alcune informazioni che possono aiutarci a salvaguardare noi e i nostri cari.

In primis, la vaccinazione resta un’arma fondamentale. In Italia, come riportano le stime, ci sono ancora 6 milioni di non vaccinati e di questi circa un milione e trecentomila persone hanno un’età compresa tra i 40 e i 49 anni. A tal proposito, oltre a ribadire che il vaccino previene principalmente i sintomi (soprattutto gravi) della malattia Covid (la Covid è la patologia dovuta all’infezione da virus Sars-CoV-2, sono due cose ben diverse) permette di ridurre anche la trasmissione dello stesso virus. A riprova di questo, i dati in nostro possesso sono confortanti. In numerosi studi i soggetti che hanno ricevuto la terza dose dopo 5 mesi dalla seconda somministrazione del vaccino Pfizer-BioNTech (il vaccino a mRNA biotecnologico per antonomasia) hanno mostrato una riduzione del rischio di morte pari al 90% (per alcuni anche 95%) rispetto a coloro che non hanno ricevuto la nota dose “booster”.

Serve solo il vaccino a ridurre il rischio di contagio? Ovviamente no. Bisogna continuare a mantenere un certo buonsenso indossando la mascherina e usando gel o soluzioni igienizzanti per le mani senza dimenticare il celeberrimo distanziamento (è ovvio l’invito ad evitare luoghi affollati e scarsamente arieggiati).

Inoltre, qualora si abbia il dubbio di aver avuto contatti con un soggetto positivo è inutile farsi prendere dal panico e sottoporsi subito a indagini cliniche. La tempistica è fondamentale e sottoporsi al tampone il giorno successivo al contatto non darebbe risultati attendibili. È importante individuare il tipo di test a cui sottoporsi perché ognuno prevede delle tempistiche essenziali per ottenere un valore accettabile ai fini diagnostici.

Il gold standard (= esame diagnostico molto accurato per una diagnosi attendibile) per diagnosticare l’infezione da Coronavirus è il tampone molecolare, eseguito su tampone nasofaringeo. Questo andrebbe effettuato a partire dal terzo giorno di contatto con un positivo.

Un’altra tipologia è il test rapido antigenico, quello eseguibile in farmacia per intenderci, e sono quelli con una sensibilità inferiore rispetto ai primi. Anche questo esame è eseguito in seguito al prelievo di un campione mediante tampone nasofaringeo o nasale. Questo test andrebbe eseguito dopo il terzo o quarto giorno dall’ipotesi di contatto (se non si rispetta questo arco temporale aumenta la possibilità di risultare falso negativo).

L’ultimo ma non per importanza è il test sierologico. Questo esame si esegue mediante prelievo di sangue e permette di saggiare la presenza di anticorpi IgM, che compaiono nel paziente dopo un’esposizione primaria all’antigene e la cui presenza suggerisce un’infezione recente, e di anticorpi IgG. Questi ultimi si formano dopo l’esposizione primaria e la loro presenza suggerisce l’avvenuta immunità nei confronti della malattia.

In definitiva, era chiaro che il boom di positivi non avrebbe tardato ma alimentare una psicosi non aiuta. I vaccini hanno aiutato molto e i numeri confermano la loro efficacia. Questo, insieme a semplici accortezze e qualche test diagnostico (quando necessario) permetterà di contenere i contagi.

L’uso di appropriati metodi diagnostici si è rivelata cruciale per arginare e in molti casi controllare la pandemia e anche la scelta del test è essenziale ai fini di una buona diagnosi.

I test molecolari fanno uso di una PCR, sono altamente sensibili per rivelare l’RNA virale e sono raccomandati dalle autorità sanitarie per confermare la diagnosi su individui sintomatici e per attivare le misure preventive del caso. Il test rapido, dal canto suo, offre una minore sensibilità rispetto al precedente test diagnostico ma permette uno screening rapido e in minor tempo (risultati ottenibili in 10/15 minuti) permettendo di individuare le proteine virali in un campione.

Gli antigenici sono uno strumento di tutela della salute pubblica elettivo per lo screening su individui clinicamente vulnerabili al rischio di infezione.

Sono poche ma essenziali nozioni che, unitamente al buonsenso individuale, consentirebbero di tutelare il maggior numero di persone (soprattutto i soggetti “fragili”) e permetterebbero di far ripartire l’economia e di ristabilire un parziale e progressivo ritorno alla normalità.

Dott. Vincenzo De Fabrizio

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