Prende fuoco la tradizione
Il falò di San Giuseppe è un antico rito e affonda le sue radici nei riti arcaici di fertilità della Terra celebrati da pastori e contadini in prossimità dell’equinozio di primavera: essi accendevano grandi falò propiziatori per aggraziarsi le forze della natura in vista della primavera, stagione dei raccolti e simbolo di rinascita. E il fuoco stesso era visto come simbolo di nuova vita, nata dalle ceneri di quella passata.
Il falò viene acceso con i resti delle potature degli alberi che vengono raccolti e ammucchiati insieme alla legna. La sera della festa di San Giuseppe, il 19 marzo, si accende il fuoco e i cittadini si raccolgono intorno tra musiche, balli e degustazioni. Un piatto tipico di questa ricorrenza è la patata cotta nella cenere con un pizzico di sale accompagnata da un buon bicchiere di vino o birra.
L’altezza raggiunta dai “fucanoj”, la loro “capacità” di arrampicarsi verso il cielo, costituisce una discriminante pressoché oggettiva nella riuscita della festa.
I preparativi
Nella sua evoluzione contemporanea, la prassi della festa ha assunto comunque contorni più espressamente “ricreativi”. I preparativi iniziano qualche giorno prima, quando i ragazzi si spostano per le vie del paese per raccogliere casa per casa la legna che servirà a costruire il falò.
L’ultimo giorno viene allora il turno dei “grandi”, che si spingono nei boschi o nelle montagne dei dintorni a raccogliere le “fascìne” di ginestra che serviranno a ravvivare il fuoco a intervalli regolari, tenendo la fiamma alta per tutta la notte.
LA PROLOCO vuole ringraziare di cuore tutti i volontari che si sono occupati della raccolta delle legne e che hanno permesso di mantenere viva la tradizione. Grazie a tutti voi che avete partecipato.
Galleria di foto della serata