ARMANDO TITA*
Noi bambini degli anni cinquanta, figli di Vedove Bianche, ai quali è stato brutalmente vietato il ricongiungimento con i nostri padri emigrati nelle Americhe del Nord e del Sud prendiamo atto della
grande attenzione e della grande sensibilità dimostrata dai Giudici di Bologna per il bengalese richiedente asilo e protezione.
Siamo orgogliosi che il Presidente Mattarella abbia affermato che l’Italia è un significativo esempio in materia di accoglienza a livello europeo. Prendiamo atto di tanta sensibilità delle istituzioni democratiche italiane. Transeat sul “Campo Migranti” d’Albania. Solo tanto spreco finanziario e presunta deterrenza. Prendiamo atto della sensibilità portata avanti dal dr. Sottile, alias Giuliano Amato, che con la sua legge n. 388 del 2000 ha consentito il ricongiungimento familiare con relativo assegno sociale, pur in assenza di totale contribuzione INPS, ai congiunti degli extracomunitari residenti in Italia da dieci anni . Un traguardo di civiltà, di tanta sensibilità e di tanta attenzione verso gli stranieri da vero “Paese di Bengodi” di boccaccesca memoria .
Sensibilità e attenzioni mai riconosciute a NOI congiunti di emigrati italiani nelle Americhe del Nord e del Sud degli anni cinquanta.
Siamo tra le poche nazioni europee ad aver legiferato una normativa ad hoc ,la legge n. 47/2017, sui
minori non accompagnati, anche se constatiamo amaramente che non vi sono né una seria strategia e né una seria visione per il futuro e né, soprattutto, una seria applicazione.
Solo affari e fuffa con una marea di incontrollabili fughe di ragazzi. Degli oltre ventimila ospitati nei nostri centri di accoglienza vi sono circa diciassette minori al giorno che fuggono e non vengono mai più ritrovati.
Siamo stanchi di vedere bighellonare, girovagare, vagabondare noiosamente nei nostri Comuni tanti richiedenti asilo , senza entusiasmo e senza sorrisi.
Le nostre istituzioni democratiche, come, nel passato, non hanno mai brillato per umanità e sensibilità. Alto è stato il prezzo emotivo pagato dai bambini/minori lontani dai loro cari genitori.
Ricordo a distanza di tanti lustri, era il lontano 1956, l’insensibilità e l’indifferenza della Commissione
preposta per il ricongiungimento familiare che informava mia madre del mancato superamento della visita medica del suo bambino (il sottoscritto) per sospetto catarro bronchiale.
Ricordo la disperazione e il pianto di mia madre, una ragazza di ventisei anni, costretta a scegliere tra marito e figlio , ricordo il cinismo del sacerdote, componente della Commissione, impegnato e
concentrato a gustare un caffè corretto e a ridere a squarciagola . Un Fulgido esempio di Umanità, Carità Cristiana e Comunione interpersonale.
Qualche tempo fa riproponevo il caso emblematico dei bambini cosiddetti “invisibili”, i figli dei nostri
lavoratori in Svizzera.
Quei figli di emigrati italiani (tanti i lucani coinvolti) costretti a vivere “sottovoce”, condannati alla clandestinità o a vivere nelle “ Case del Fanciullo “ gestite da personale ecclesiastico impreparato e
violento.
Una pagina vergognosa di storia dell’emigrazione italiana che riemerge in un libro di Francesca
Mannocchi: “Noi piccoli italiani clandestini” Ed. Laterza 2019, reclusi in casa per paura della polizia,
aventi per protagonisti Toni Ricciardi, Catia Porri ed Egidio Stigliano ,originario di Nova Siri. (Oggi è un affermato Medico che vive a Zurigo).
Bambini invisibili costretti a subire la scellerata e razzista condotta dei Governi svizzeri degli anni
cinquanta . Toni, Egidio e Catia hanno formato l’Associazione “Bambini invisibili”.
Sono oltre trentamila i bambini “sottovoce” che chiedono a distanza di sessant’anni un risarcimento
morale e materiale alla Svizzera, senza aver mai dimenticato la silente e ignava condotta dell’Italia
dell’epoca che firmava Patti a costi sociali zero…” Tu mi offri forza lavoro io non devo garantirti welfare”.
Uno STATO Italiano che ha chiuso gli occhi sui gravissimi e disumani comportamenti adottati sia dai Paesi europei che dagli Stati Americani.
Comportamenti che hanno calpestato la legalità e stuprato il sacrosanto valore ai diritti umani di
centinaia di migliaia di bambini italiani. Più di tutto si negava, come già riferito, il ricongiungimento familiare .
I terrificanti video del disumano distacco dei bambini messicani dalle loro madri ha fatto il giro del
mondo ed ha atterrito la maggioranza silenziosa degli americani . Lo stesso dicasi del disumano distacco vissuto dalla mia generazione tra padri lontani e vedove bianche.
Mio padre partì negli anni cinquanta per il Venezuela con i fratelli De Luca, padre e zio del Presidente della Regione Campania, oggi, tanto smemorato, al riguardo.
Una triste sorte la mia…costretto a subire l’emigrazione del padre e ,ora, quella dei figli, ricercatori
universitari nel profondo Nord Europa…il Buon Governatore De Luca ha recuperato benissimo con i suoi figli, tra Montecitorio e Università sotto casa ( Salerno ).
Decine di migliaia sono i lucani partiti negli anni cinquanta, migliaia sono le vedove bianche che non
hanno più rivisto i loro mariti per “sopraggiunti” matrimoni “americani”.
E’ una piaga, una ferita non ancora cicatrizzata, brutalmente ignorata dalla storia, dalla stampa e da una opinione pubblica smemorata.
Ho chiesto a Gigi Scaglione e all ’Associazione “Lucani nel Mondo” di riproporre questa ulteriore pagina amara della nostra emigrazione, indecorosamente rimossa.
Molti italiani e tanti lucani hanno formato nuove famiglie nei loro paesi di emigrazione dimenticando le mogli e i loro figli piccoli, lasciati ignobilmente nella solitudine e nella miseria.
Le rassegnate vedove bianche hanno accettato questo terrificante “status quo” per rispetto dei loro figli, quasi vergognandosene. (Un remake del film “I Girasoli” di Vittorio De Sica con Sophia Loren e Marcello Mastroianni).
Sarebbe bello ridare la dovuta solidarietà alle tante madri lucane che hanno vissuto la loro “vedovanza bianca” con tanta dignità e con tanto pudore.
Sarebbe bello rivivere una giornata di ricordi e di solidarietà con i figli degli emigranti lucani degli anni cinquanta, oggi settantenni, in uno specifico Raduno della Regione Basilicata.
Siamo stanchi di essere “testimoniati” da persone che hanno vissuto l’emigrazione solo dai documentari e/o dalle Teche Rai.
Chi non ha vissuto sulla propria pelle non potrà mai capire il dramma dell’emigrazione, delle vedove
bianche, e, soprattutto, quel dramma che non si è mai ricomposto e mai sanato completamente nei
rapporti padre/figlio/a.
Quante delusioni e quante amarezze per i figli di emigranti costretti a riconoscere da adolescenti o da adulti dopo decenni di lontananza l’ingombrante figura paterna del tutto estranea al nucleo familiare, ormai, consolidatosi nel tempo.
Oggi mi sento di fare un plauso alla Provincia Autonoma di Trento che ha posto in essere uno stupendo progetto di solidarietà e ha raccolto la ricchezza delle storie di vita delle donne migranti nel Trentino .
Un Percorso che ha messo in evidenza l’intreccio costante tra migrazioni, vicende familiari e difficoltà prima di tutto “emotive”.
Come sostiene, infine, lo studioso delle emigrazioni italiane, Sandro Rinauro, la storiografia dell’emigrazione italiana ha più volte denunciato il carattere fuorviante della retorica pubblica sull’esperienza migratoria nazionale: da un lato, il discorso pubblico sottolinea solo la natura “miserabilista” e vittimista dell’emigrante italiano , anche al fine paternalistico di esorcizzare, per analogia , un ruolo indipendente e costruttivo dell’attuale immigrazione in Italia.Dall’altro , le sofferenze degli italiani all’estero sono utilizzate a fini Identitari di stampo nazionalpopolare, l’emigrante diviene il prototipo delle virtù civiche e familiari dell’italiano che avrebbe ricostruito la Patria e contribuito al benessere internazionale.
Un esempio su tutti è dato dal Dittatore venezuelano Marcos Pérez Jimenez che amava in modo particolare la presenza degli emigranti italiani, tutti bravi artigiani, nel campo delle Costruzioni a Caracas e nell’Industria petrolifera. Una colonia di artigiani originari dei nostri Comuni del Nord della Basilicata (Pescopagano, Rapone, Ruvo del Monte e San Fele) divenne protagonista del “miracolo” venezuelano degli anni cinquanta.
Questa è vera Pagina di STORIA e di ORGOGLIO LUCANO, una Pagina del bel Romanzo dell’Artigianato lucano che non ha mai avuto né limiti e né confini.
*Sociologo e Saggista