Ruvo del Monte ha dal 1611 come suo Patrono San Rocco, il cui culto si diffuse all’epoca ed è ancora importantissimo in tutta la Basilicata; culto che prese origine dalla grande epidemia di peste che flagellò la nostra Regione in quell’epoca, e che spinse molti Comuni a mettersi sotto la “tutela” del Santo francese, che è venerato come protettore da questo terribile flagello.
Anche l’ “Università” (così allora si chiamava l’Amministrazione Comunale) di Ruvo del Monte deliberò di erigere a Patrono del nostro Comune San Rocco, che “spodestò” in tale ruolo l’antica Protettrice che era Sant’Anna, il cui culto si perde nella notte di tempi.
Come dettagliatamente riferisce Mons. Giuseppe Ciampa, Arciprete di Ruvo del Monte dal 1933 al 1980 (anno della morte) nel suo libro “Ruvo del Monte – Notizie Storiche” (1959), nel 1783 tuttavia tutto il Clero ruvese, partecipante e non, si riunì per una importantissima decisione che avrebbe avuto grandissima influenza sulla vita cristiana dei ruvesi: chiedere a Roma, al Papa, il corpo di uno dei primi martiri cristiani sepolti nelle catacombe, quello che sarà il corpo di San Donato Martire.
Ecco il testo della richiesta :
“… Noi qui sottoscritti di proprie mani sacerdoti partecipanti e non partecipanti della Chiesa arcipretale di questa terra di Ruvo, venendoci riferito che il molto rev. don Francesco Antonio di Paola, presidente generale della Congregazione del S.S. Redentore nello Stato della Romagna, voglia benignamente compiacersi di procurarci dalla S. Sede un corpo Santo sotto il titolo di S. Donato, con offerirsi di succumbere lui a tutta quella spesa, che vi occorrerà, ed anche per il trasporto, purché da noi si accettasse di voler compensare detta spesa con la celebrazione di 900 Messe, secondo la sua intenzione cioè di detto numero di Messe celebrarne Messe 600 per tutto il venturo mese di agosto 1783 e le restante messe 300 celebrassino con comodo in appresso.
Ed essendosi capitularmente proposto tal pio sentimento, con unanimo consenso di tutti si è concluso accettarsi detta offerta, come infatti si accetta e ci obbligamo far sortire detta celebrazione di Messe al n. di 600 per tutto il mese di agosto 1783, come pure l’altre messe 300 celebrarsi in appresso e di esse farne tra noi presenti la dovuta ripartizione.
Con patto e condizione che trovandosi molti preti cittadini di questa terra assenti e non consapevoli d’un opera tanto pietosa, volendo essi assenti acconsentire al suddetto peso di Messe per indi partecipare delle grazie di detto santo ed elemosine che si sperano, devesi la loro rispettiva porzione scalarsi dal peso presente che noi ci addossiamo; e nel caso che questi o altri non volessero acconsentire a tal peso, restano esclusi dal beneficio delle grazie ed elemosine; così pure venendo la pietà dei fedeli a succumbere larga elemosina così che sopravanzino tutta la spesa del bisognevole, il di più che resterà si dovrà ripartire tra li soli obbligati ut supra rispettivamente e stante questa conclusione da noi fatta, volemo che si riferisca al Rev.do Padre Don Francesco Antonio di Paola che noi si adempirà a detta obbligazione, per poter esso Lui sollecitare l’affare e con tutta prestezza possibile farci ottenere questo Sacro Pegno, che speriamo che sia Protettore speciale delle nostre anime, di cui tutto questo Paese e di quei divoti, che a lui si raccomanderanno ed in fede del vero abbiamo sottoscritto il presente obbligo e contentamente di nostre mani…”
La richiesta fu firmata dall’Arciprete di Ruvo Don Antonio Carnevale a da altri 13 sacerdoti presenti.
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IL DOCUMENTO DELLA RICHIESTA DEL “CORPO SANTO” AL PAPA PIO VI° DEL 1783, CONSERVATO NELL’ARCHIVIO PARROCCHIALE
Ricevuta la garanzia dal Clero ruvese Don Francesco Antonio di Paola, capo della Congregazione dei Redentoristi ed originario di Ruvo del Monte, si dette immediatamente da fare ed ottenne in breve tempo dall’allora Papa Pio VI° il corpo del Martire che riposava nella quiete delle catacombe.
Si doveva però sopperire alla enorme difficoltà del trasporto delle reliquie del Santo da Roma a Ruvo, in un’epoca in cui non c’erano nè strade nè ferrovie, ma solo selciati e tratturi di campagna.
La fede del Clero e dei ruvesi vinse, però, ogni ostacolo a costo di enormi sacrifici di denaro, e San Donato non esiterà, secondo la tradizione, a ricompensare questo grande amore con un miracolo davvero straordinario.
Si narra, infatti, che l’anno 1783 era molto triste per l’agricoltura: non pioveva da sette mesi, tutto era arso e brullo, i raccolti quasi compromessi e, si dice, persino gli alberi avevano perso il loro manto verde.
Era un susseguirsi di giornate afosissime e si pregava incessantemente il Cielo perché piovesse, ma inutilmente: questo miracolo era riservato a San Donato.
Infatti, dopo sei mesi di viaggio, il corpo del Santo stava per arrivare a Ruvo: la notizia si era sparsa subito per il paese ed ognuno voleva essere il primo a baciare e venire incontro all’urna di San Donato.
Il gran giorno arrivò la seconda domenica di agosto del 1783: tutto il paese corse incontro al Santo che veniva portato a spalla da volenterosi devoti e proveniva dal pubblico carraro da Macchia Della Corte.
Così scrive Mons. Ciampa nel libro sopra citato:
“…noi possiamo appena immaginare la gioia grande che prese tutti quando videro spuntare i fortunati portatori: tutti si prostrarono in ginocchio, vollero baciare, ammirare il Corpo ed infine piangendo, quasi per mettere a prova la potenza del novello protettore, si chiese il miracolo della pioggia.
Dio volle glorificare il Suo Martire e la tradizione continua ad affermare che subito il cielo si coprì di dense nubi, una pioggia abbondante cominciò a cadere seguendo passo passo l’avanzare dell’urna benedetta: sicché appena questa fu al riparo nella Chiesa di S. Anna, allora sita fuori dall’abitato (quanto due tiri di schioppo n.d.r.) l’acqua venne giù abbondante per sette giorni consecutivi: la campagna fu ristorata e il raccolto discreto, contro le umane previsioni.
Fu questo uno dei primi miracoli con cui il grande martire volle mostrare la sua potente intercessione presso Dio.”
Da allora ogni anno il giorno della festa di San Donato anche poche gocce di pioggia ci ricordano l’arrivo a Ruvo del Santo, ma ci sono state occasioni di veri e propri diluvi durante la processione, come quello del bicentenario del 1983 che tutti ricordano.
Il 24 agosto 1783 fu giorno di grande letizia per il paese.
Tutti: popolo, autorità e clero si trovarono nella cappella di S. Anna.
Presiedeva il Rev.do Arciprete Carnevale, quale delegato dell’Ill.mo Mons. De Luca, Vescovo di Muro, presente anche D. Michele Dardes “Governatore e giudice di questa corte locale”, i periti fisici D. Crispomisio Carnevale e D. Marco Nicola Bilozza e il R. Notaio de Paola da cui fu redatto l’atto ufficiale della ricognizione, che si conserva anche oggi gelosamente nel nostro Archivio Parrocchiale.
L’Urna contenente le sacre reliquie fu trovata intatta così com’era stata spedita da Roma.
Si trattava di una cassa di legno, dipinta di color marmoreo, avendo nella parete anteriore un cristallo giunto in due pezzi incorniciato d’oro, lunga palmi 5, alta 2 e mezzo, larga 2 e un quarto.
Attraverso i cristalli si osservava uno scheletro umano rivestito all’uso degli antichi soldati, con seta di vari colori, con corazza, in mezzo al petto il nome di Cristo di rubini rossi, situato alla supina, come d’uomo che dorme, col capo poggiato su due cuscini di seta, con mano distese e nella sinistra una palma.
Le ossa visibili nelle braccia, nelle mani, nelle gambe e piedi, coperte solo da una delicata reticella di filo dorato.
Ai piedi un vaso dorato a guisa di pisside contenente una bottiglietta vitrea con dentro sangue grumito, colla scritta “vas sanguinis”.
La cassa era munita di quattro suggelli e delle lettere testimoniali dell’Ill.mo Mons. Marcucci Viceregente di Roma.
Riconosciuta autentica la Sacra Reliquia si ordinò che con grande pompa fosse trasportata dalla cappella di S. Anna alla chiesa Matrice di Ruvo, ove era stato preparato per essa un ricco altare, il primo a cominciare dal campanile, in cornu evangeli.
Tra i documenti , conservati dal nostro archivio con cura del tutto speciale, c’è ancora la bolla spedita dalla Curia Romana che dice così:
“… Francesco Antonio Marcucci, Patrizio Ascolano, per grazia di Dio e della S. Sede Apostolica Vescovo di Monte Alto nel Piceno, Abate del Monte Santo in Aprutino, prelato domestico di SS. , assistente al Soglio Pontificio, Vice gerente dell’Alma Città a tutti e singoli quelli che leggeranno questa nostra lettera, facciamo fede ed attestiamo che noi per la maggior gloria di Dio e venerazione dei suoi Santi, abbiamo donato e concesso il corpo di S. Donato Martire, insieme all’ampolla del suo sangue, estratto da luoghi autentici e dopo essere stato legittimamente riconosciuto e riposto in cassa di legno, munita di cristallo nella parte anteriore e sigillata da noi, con facoltà di ritenerla presso di sé o di donarla ad altri e di esporla in qualsiasi chiesa o oratorio o cappella pubblica per la venerazione dei fedeli.
Per far fede ecc. Dato , a Roma , il cinque maggio 1783…”
Segue la firma e il suggello .
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IL DOCUMENTO DELLA RICOGNIZIONE DELLE RELIQUIE DI SAN DONATO MARTIRE DEL 24 AGOSTO 1783, CONSERVATO NELL’ARCHIVIO PARROCCHIALE
Il Santo riscosse subito anche nei paesi vicini grande devozione e molti venivano pellegrini al suo altare sin dall’inizio: le offerte dei fedeli furono subito larghe tanto che, con deliberazione del 1° settembre 1790, il Clero stabiliva “che vi è bisogno di un miglior ordine e regolamento per l’elemosine del glorioso Martire S. Donato, affidarsi le medesime a persona di probità e di zelo per non marciare alla rinfusa e senza il piacere di sapersi dal Clero il quantitativo dell’introito ed esito a fronte delle tante spese corse finora, perciò si chiede l’elezione da oggi in avanti di un Procuratore con due deputati , che n’abbiano particolar cura…” .
Quando arrivarono le reliquie di San Donato nella Chiesa Madre (24 agosto 1783), questa non era ancora come è adesso: era costituita dall’attuale zona del campanile, della sagrestia, dell’abside, del presbiterio e dell’arcata che comunica le due navate.
L’Urna originaria di San Donato, come detto non molto grande, fu sistemata nel sopra citato ” ricco altare”, nell’ampio spazio antistante l’attuale porta della sagrestia, dove fu preparata una nicchia di pietra locale, riportante sul frontespizio l’anno 1783.
Questa cappella fu detta “Cappellone di San Donato” e così rimase sino ai lavori di restauro della Chiesa Madre avvenuti dal 1936 al 1938.
L’URNA ORIGINARIA CHE CONTENEVA LE RELIQUIE DI SAN DONATO MARTIRE NEL 1783
Alla fine di questi lavori fu realizzata la nuova urna contenente la nuova statua di San Donato Martire, realizzata dall’artista Beniamino Natola di Foggia, che fu rivestita, così com’è oggi, di abiti color porpora a ricami in oro fino in stile di epoca romana.
La vecchia urna fu divisa in due ed appesa alla parete dietro all’altare maggiore, come bacheca, contenente i vestiti originali, la reticella di filo dorato che ricopriva le ossa ed un’incisione riproducente l’urna originaria.
Oggi è esposta nel Museo di Arte Sacra della Parrocchia di Ruvo del Monte.
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L’URNA ORIGINARIA DI SAN DONATO MARTIRE COSI’ COME E’ ESPOSTA OGGI NEL MUSEO PARROCCHIALE DI ARTE SACRA
La statua che custodì le reliquie di San Donato sino a domenica 18 novembre 2008 fu scolpita nel 1949, e collocata in un’urna di metallo, mentre nel 1967 fu realizzata dalla ditta Santifaller della Valgardena la nuova urna in legno, anch’essa integra sino a domenica 18 novembre 2008, dorata in oro zecchino, collocata sotto l’altare maggiore al centro dell’abside, dove rimase fino al terremoto del 23 novembre 1980.
LA STATUA DI SAN DONATO MARTIRE E L’URNA IN METALLO DEL 1949
Negli anni in cui la Chiesa Madre è stata chiusa per i lavori di ricostruzione dal terremoto (1980 – 1997) la Statua di San Donato Martire è stata collocata nella Chiesa provvisoria nei locali dell’attuale Circolo A.N.S.P.I., ed è definitivamente ritornata nella Chiesa Madre alla sua riapertura al culto il 14 agosto 1997.
LA COLLOCAZIONE DELL’URNA DI SAN DONATO MARTIRE SOTTO L’ALTARE MAGGIORE SINO AL 23 NOVEMBRE 1980
L’otto agosto 2000 è stato inaugurato il nuovo altare di San Donato Martire al centro della navata secondaria, dove era l’altare del Purgatorio, con una nuova opera decorativa costituita da un’arcata a quattro colonne, sotto la quale vi è l’urna del Santo, realizzata con le offerte dei fedeli dal Comitato Feste Patronali degli anni 1994 – 1999.
L’URNA DI SAN DONATO MARTIRE DEL 1967
La data di domenica 18 novembre 2007 sarà ricordata a Ruvo del Monte come una delle più tristi della propria storia: nel primo pomeriggio di questo giorno, infatti, un insano gesto ha provocato nella Chiesa Madre il danneggiamento dell’altare maggiore, del crocifisso, dei candelieri dell’abside, dell’ambone, di alcuni banchi, della Statua di San Gerardo Maiella e la distruzione completa dell’Urna e della Statua di San Donato Martire (vai all’articolo)
UNA TRISTE IMMAGINE DELL’ORRENDO SCEMPIO
Superati i primi e inevitabili momenti di sgomento, la comunità religiosa e civile di Ruvo del Monte si sono messe subito al lavoro per restituire ai fedeli l’urna e la statua del Santo Protettore.
Grazie all’impegno di un costituito comitato ed ai contributi giunti da ogni parte del mondo, nel giro di neppure otto mesi il miracolo si è compiuto: dopo essere stata riportata a Ruvo nel giugno del 2008 (vai all’articolo), e dopo essere stata effettuta la ricognizione delle reliquie, avvenuta il 13 giugno 2008, domenica 6 luglio 2008 l’Urna e la Statua restaurate di San Donato Martire sono rientrate nella Chiesa Madre, prendendo posto sull’altare dedicato al Santo (vai all’articolo)
LE RELIQUIE DI SAN DONATO MARTIRE OGGETTO DELLA RICOGNIZIONE DEL 13 GIUGNO 2008
San Donato è molto amato da tutti i ruvesi: è come il simbolo che li tiene tutti uniti in ogni parte del mondo essi siano e nella casa di nessuno di essi manca la foto o l’immaginetta del Santo.
Nessuno, se può, manca a Ruvo il giorno della sua festa, giorno solenne per Ruvo del Monte, nel corso del quale si comincia con le note della banda musicale, si prosegue con la messa e la solenne processione e si termina con il concerto musicale ed i fuochi d’artificio.
La data della festa è stata, sino agli anni ’60, quella della seconda domenica di agosto, a ricordo dell’arrivo a Ruvo di San Donato Martire, e la processione veniva fatta portando contemporaneamente le statue di San Rocco e di San Donato.
Dagli anni ’70 è stata fissata al 17 agosto la festa di San Rocco ed al 18 agosto quella di San Donato Martire.
Successivamente, dal mese di agosto 2005, la festa di San Rocco è stata riportata alla data liturgica del 16 agosto, così da intercalare un giorno di riposo tra le più importanti festività religiose di Ruvo del Monte.
La festa di San Donato Martire, nuovo protettore di Ruvo del Monte (il titolo non fu scelto a caso, per non creare una sorta di “sacra rivalità”), è stata e continua ancora oggi ad essere la più solenne per gli abitanti di questo paese, ed in passato lo è stata anche per quelli dei paesi vicini.
Infatti già dalla fine del diciottesimo secolo quella di San Donato diventò la più importante festa dell’anno, e con il passare del tempo ridusse ad importanza minore quella di Sant’Anna che, quasi certamente, fin dalla seconda metà del Trecento fu assunta come la festa della rinascita dell’abitato all’inizio della sua nuova ricostruzione su colle San Nicola.
E, nel corso della sua evoluzione esteriore, si caratterizzò per il folclore che la accompagnò, rappresentato dai celebri fuochi pirotecnici, dalla carrera, dall’innalzamento dell’albero o majo, dalla corsa dei cavalli, dalla rottura delle pignate, dalla lotteria.
Ferma restando, quindi, la grande venerazione ed il grande attaccamento dei ruvesi per il suo “protettore”, dal punto di vista della manifestazione esterna il legame con il Santo è stato caratterizzato da espressioni che sono mutate nel tempo, con il ricambio delle generazioni.
Sotto l’aspetto religioso, per esempio, in passato la processione del Santo, che si teneva rigorosamente a mezzogiorno, veniva fatta la seconda domenica di agosto, in quanto proprio nella seconda domenica dell’agosto 1783 l’urna di San Donato Martire giunse a Ruvo del Monte.
Inoltre la stessa processione riguardava anche la statua di San Rocco: il “patrono” ed il “protettore” venivano portati insieme per le vie del paese.
Negli anni ’70 del Novecento tale consuetudine cessò per la necessità di stabilire la festa del Protettore in una data fissa, che fu individuata nel 18 di agosto.
Sotto l’aspetto della sua durata, la processione era molto più lunga, in quanto era consuetudine (ed onore) in ogni rione preparare altarini addobbati su cui riporre l’urna santa per una benedizione.
Quello che non si è perso ancora oggi sono i tradizionali “botti” che vengono sparati sia a “Capo Ruvo” che a “Basso Ruvo”.
Per quanto riguarda il percorso, esso ha ovviamente subito modificazioni dettate dallo sviluppo urbanistico del paese, che ha visto nascere nuovi nuclei edilizi verso i quali è stato quindi opportuno estenderlo, senza mutare, però, quello che è lo “storico” percorso lungo il vecchio centro abitato.
Si diceva del risalto che la Festa di San Donato Martire aveva anche nei Comuni vicini.
Infatti grande era, e sicuramente è, la devozione per il Santo Martire sia a San Fele che a Rapone.
Negli anni passati, e sino agli anni ’70, i devoti di Rapone preparavano il cosiddetto “giglio”, che consisteva in una specie di altarino costituito da varie file di candele decorate a mano, ornato di fiori e prodotti della terra, sul quale sovrastavano la foto del Martire, la Croce e la scritta “San Donato Martire – Rapone”.
Questo segno di devozione, che aveva pressappoco la forma dell’Urna del Santo, alla pari di questa veniva poggiato su dei portanti e trasportato in processione dietro l’Urna di San Donato.
Questa bella consuetudine si è spenta con il terremoto del 1980.
Ciò che si notava in passato (attualmente un po’ meno) era un nutrito gruppo di donne devote che prendevano posizione subito dietro l’urna di San Donato e che percorrevano tutto il tragitto a piedi scalzi , intonando antiche canzoni tradizionali tramandate dai loro avi.
Per quanto concerne le manifestazioni civili, anch’esse hanno subito cambiamenti nel corso degli anni , ed alcune sono scomparse del tutto.
Dopo le ultime guerre per l’indipendenza vi era , ad onore del Protettore , la manifestazione della guardia dei combattenti di Ruvo.
Il mattino della festa tutti gli armati, con il fucile a tracolla, si raccoglievano fuori dell’abitato dove un anziano assumeva il comando del drappello.
Dopo la verifica delle armi (i fucili, infatti, dovevano essere rigorosamente puliti e scarichi) gli uomini, preceduti dalla bandiera dell’Associazione dei Combattenti, facevano il loro ingresso marziale nell’interno della Chiesa Madre ed assistevano alla santa messa.
I fucilieri rimanevano sull’attenti al Sanctus e facevano il presentat arm all’Elevazione , con comandi secchi e ad alta voce, cui corrispondeva sempre il puntuale tintinnio delle armi in movimento.
Durante la processione, poi, questi armati avevano diritto ad un posto di prestigio, fiancheggiando l’urna del Santo in scorta d’onore lungo tutto il percorso, dal castello dei Gesualdo fino a Sant’Anna, dove essi si esibivano davanti alla statua disposta su un apposito altarino in una fantasia ginnica e in un carosello ritmato della banda.
Origini remote aveva invece l’innalzamento dell’albero, o majo , risalendo tale consuetudine ai tempi pagani della celebrazione del Majo, quando i giovani contadini la notte di calendimaggio usavano mettere un ramo di ginestra fiorito davanti all’uscio o alla finestra della donna amata, con le ciambelle, melarance ed altri doni.
Poi il rito antico si trasformò nel ben noto albero dei doni , o albero della cuccagna.
Tra le testimonianze storiche dell’Archivio di Stato di Potenza sta scritto espressamente che “…a Ruvo, fra gli altri divertimenti popolari della festa di Sant’Anna (e successivamente tramandati a quella di San Donato) vi fu quella dell’innalzamento del così detto abete, popolarmente majo, consistente in un tronco di albero piantato sulla cui estremità in un piccolo cerchio vi erano appesi dei caciocavalli ed altri commestibili e al di sopra di detto cerchio situata una banderuola di vari colori della dimensione di un fazzoletto, quali oggetti erano premio a colui che gli riusciva a potere scaliare il tronco suddetto.
Che la banderuola era stata solita a situarsi su tronco di un albero, ad oggetto di tirare dei colpi di schioppo, mentre colui che la colpiva, si prendeva i commestibili apposti, nel caso che si rendeva difficile a poter salire il tronco per il troppo sego e sapone cosparso…”
Un altro antichissimo rito, ora scomparso, era quello della corsa dei cavalli, che sicuramente si tenne tra la fine del ‘700 e tutto l’800 sino ai primi del ‘900 , sino , cioè , all’avvento dell’automobile.
Un’altra manifestazione caratteristica, che oggi non si tiene più, era la cosiddetta carrera, cioè un carosello di giochi popolari con premi per i vincitori.
Il termine è un chiaro segno della dominazione spagnola: infatti è l’equivalente iberico di “corsa”, e sta quasi sicuramente a significare che la gara che originariamente si teneva, alternativamente a Capo Ruvo per San Rocco e a Basso Ruvo per San Donato, era solo quella della corsa, in cui i giovani si contendevano il premio (solitamente commestibile) e lo sguardo della donna amata.
Successivamente si aggiunsero altre gare per arricchire il pomeriggio della festa, quali la corsa con l’uovo, la corsa nel sacco, e, soprattutto, la “pignata”.
Ad una fune posta ad una certa altezza venivano appese alcune anfore di terracotta, dentro le quali vi erano premi (indicati con un biglietto o anche piccioni vivi) , ma anche acqua o sabbia.
I concorrenti venivano bendati, confusi con vari giri dai componenti del comitato, e poi lasciati con un bastone in mano con il quale, nella loro condizione, dovevano tentare di rompere un’anfora (pignata) , stando attenti a non colpire quella con l’acqua o con la sabbia.
Naturalmente ci si accordava prima con gli amici per stabilire le indicazioni da ottenere per posizionarsi correttamente ed il segnale con il quale capire che si poteva sferrare il colpo a botta sicura.
In questo, però, vi erano le interferenze dei membri del comitato (che puntavano a risparmiare i premi) e degli altri concorrenti che miravano, invece, a vincere essi stessi.
Oggi cosa caratterizza la festa di San Donato?
La banda, che, come nei tempi passati, percorre le vie del paese e poi accompagna la processione; la messa solenne, la processione stessa, e poi in serata il concerto di un cantante famoso ed i tradizionali fuochi d’artificio.
Tante cose sono cambiate, a cominciare dalla Statua del Santo.
Una cosa, però, resta costante: la devozione di tutti i ruvesi, dovunque essi siano, per il loro Santo Protettore, che li accomuna nel loro essere ed appartenere a questa comunità.
San Donato Martire, oggi come ieri, era e resta il segno dell’unione della grande famiglia ruvese, dell’orgoglio di avere un qualche legame con il paese di origine: era e resta l’immagine ed il simbolo stesso di Ruvo del Monte.
Ruvo del Monte, 08 agosto 2013
Roberto Di Napoli
Bibliografia : Mons. Giuseppe Maria Ciampa “Ruvo del Monte – Notizie Storiche” (Tipografia Casa Del Sacro Cuore – Sant’Agata di Puglia – 1959) – Don Gerardo Gugliotta “Ruvo Del Monte in immagini” (Valsele Tipografica – Materdomini – 2002).
IL LIBRO SU SAN DONATO MARTIRE SCRITTO DA DON GERARDO GUGLIOTTA, PARROCO DI RUVO DEL MONTE, NEL LUGLIO DEL 2008
NEL CANALE YOU TUBE DELLA PRO LOCO DI RUVO DEL MONTE POTRETE TROVARE VECCHI E PIU’ RECENTI FILMATI DELLE PROCESSIONI IN ONORE DI SAN DONATO MARTIRE