Mio nonno e la gloriosa “Orchestra Verdi”di Ruvo Del Monte

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ARMANDO TITA

La Prima della Scala del 7 dicembre scorso con la celeberrima Opera: “La Forza del Destino” di Giuseppe Verdi, brillantemente diretta dal Maestro Riccardo Chailly con la sua smagliante cura analitica e del dettaglio, con i lunghi dodici minuti di applausi, con un cast stellare e un messaggio universale legato alla speranza, ha richiamato alla memoria dei meno giovani  lo  stupendo momento storico delle nostre Comunità lucane contrassegnate da opere liriche, bande musicali e melomani, oggi, terribilmente cancellati e rimossi.

Un periodo che noi lucani, tranne qualche rara e lodevole eccezione, abbiamo dimenticato e confinato definitivamente nelle nostre soffitte. Ripartire, ricostruire, rinascere, “ritemprarsi” con la Musica nel cuore è cosa buona e giusta, ne abbiamo un gran bisogno. Non ho mai percorso la strada già tracciata dal Nonno materno Giuseppe, capobanda del Complesso orchestrale “Giuseppe Verdi” di Ruvo del Monte con il Maestro Donato Blasucci e i suoi tre fratelli Donato Maria, Gerardo e Michele, creativi , estrosi e fantasiosi ebanisti. Non ho mai potuto godere del suono di quella Banda Musicale “Giuseppe Verdi” di Ruvo del Monte. Una Banda che riempiva il cuore di gioia ai poverissimi bimbi dell’epoca. Era il 1929, in pieno fascismo, il tasso di povertà era altissimo.

Al contrario di quanto gli viene oggi attribuito ma soprattutto al contrario di quando avrebbe dovuto fare, il Fascismo ( transeat sulla sanguinaria e razzista dittatura e sulle disastrose conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, caparbiamente e ipocritamente voluta da Mussolini) ha agito malissimo politicamente deindustrializzando il Sud e arricchendo gli industriali del Nord (impoverendo nel contempo gli operai che vi lavoravano). Per dirla con una terminologia contemporanea ha favorito l’1% a scapito del 99%. La mortalità infantile era incontrollabile, i bambini sporchi e lerci buttati nelle strade infangate suscitavano repulsione e disgusto, per loro…figli di un Dio Minore, la Banda Musicale era l’unica valvola di sfogo era l’unico piccolo “ristoro” di intima gioia.  

E’ per questo che gli studiosi collocano le origini della Banda Musicale nell’epoca della Rivoluzione Francese; le nuove idee rivoluzionarie dovevano essere diffuse al più presto e la maniera più propizia era quella di organizzare delle grosse feste con tanto di rappresentazioni visive e musicali; la musica si portava dai palazzi dorati ai grandi spazi aperti ed ecco che gli strumenti a fiato, gli strumenti sacrali per eccellenza diventavano il mezzo sonoro più idoneo per proporle. Singolare sarà il notare questo legame tra festa e banda musicale che nasce sul finire del settecento e rivive ancora oggi in tutti i piccoli Comuni del Sud, Basilicata compresa. Era quella la vera musica che ci alienava per qualche minuto dai nostri stress e dalle nostre paure. Giancarlo De Cataldo, magistrato, scrittore e giallista di successo in una intervista su Radio 3 decantava il personaggio del suo libro: “Io sono il castigo” Manrico Spinori, magistrato, melomane incallito che risolveva i “casi” ascoltando l’opera lirica. Giancarlo De Cataldo, parlava del suo nonno pugliese, falegname, profondo conoscitore di opere liriche, come di un mito, di un grande esperto, pur nella “scarsità” dei suoi studi (aveva frequentato fino alla Terza Elementare), conosceva il Falstaff, l’ultima opera di Verdi a menadito, in modo perfetto.  Quante similitudini, quanta somiglianza, quante affinità, quante analogie con mio nonno materno Giuseppe Russo e i suoi fratelli Michele, Donato Maria e Gerardo tutti falegnami, veri artisti del legno, tutti componenti della famosa Banda Musicale di Ruvo del Monte diretta egregiamente e magistralmente dal Maestro Donato Blasucci. Mio nonno e mio zio Donato Maria capibanda della “nidiata” Russo che annoverava Michele, geniale primo clarinetto e Gerardo, brillante flicorno basso erano gli assoluti protagonisti. Il repertorio comprendeva diverse opere di Giuseppe Verdi tra cui: “Rigoletto, Traviata e Trovatore”. Da Nipote(lo dico pure a tutti i miei cugini sparsi in Italia) nutro un senso di imbarazzo e di colpevole smemoratezza. Abbiamo dimenticato questa splendida pagina familiare e questa favolosa esperienza del Nonno Giuseppe e dei suoi fratelli, siamo stati ingiusti, non abbiamo compreso la magnifica tradizione musicale della nostra famiglia, rimuovendola indegnamente. Per fortuna il giornalista Michele Traficante ha voluto sopperire a questa grave pecca familiare dedicando uno stupendo reportage sulla Banda Musicale di Ruvo del Monte onorando ed esaltando i ruoli importanti e unici del Maestro Blasucci e dei fratelli Russo sia sul “Notiziario Ruvese” che su “Controsenso”. Caro Nonno Giuseppe potevamo raccontare la saga della nostra famiglia attraverso più generazioni approfondendo anche la realtà sociale e culturale del tempo con le sue immani tragedie che hai vissuto in prima persona. La Morte sul Lavoro di tuo padre Angelo con tutte le sue tragiche conseguenze ti ha segnato amaramente. Pur tuttavia non hai mai ceduto al piagnisteo e al vittimismo, hai sempre tenuto la barra dritta senza perdere la tua bonomia e il tuo immenso buonumore riconosciuto da tutto il Borgo. Ti sei accollato il fardello di tre fratelli e due sorelle, senza dimenticare la tragedia dell’Andrea Doria con la scomparsa dell’intera famiglia, moglie e due figlie adolescenti Giovanna ed Enza, del tuo caro fratello Michele . Anche questo ingiusto e iniquo naufragio dell’Andrea Doria del 26 luglio 1956, lo sfortunato transatlantico, orgoglio italiano nel mondo, speronato brutalmente dalla Nave Stockholm, ha riguardato e colpito tremendamente la nostra famiglia. A distanza di quasi settant’anni l’immobilità di un dolore che si riapre in ogni commemorazione con la sua funzione di testimonianza e di monito morale, precipita sempre nella smemoratezza. Ti chiediamo scusa caro Nonno Giuseppe per questa ingiusta e ingiustificata smemoratezza, per questa nostra sciatteria, per questa nostra superficialità e per questa nostra insensibilità. Non abbiamo mai compreso l’immane tragedia della tua famiglia e i terrificanti sacrifici vissuti dalle nostre madri che ti hanno supportato e aiutato sia nel Bosco per il taglio degli alberi che nel tuo laboratorio artigianale.  Il nostro egoismo non lo meritavi.  Spero che questa narrazione sincera possa correggere, rimediare e riparare i nostri ingiustificati “oblii” e ricondurli, almeno, per un attimo, per un istante, per un lampo, alla stessa stregua di Lia Piano (la figlia dell’archistar Renzo Piano, orgoglio nazionale) e del suo libro: “Planimetria di una famiglia felice”.

IN COPERTINA , FOTO DELL’ORCHESTRA VERDI DI RUVO DEL MONTE DATATA 1929

FOTO INTERNE. IMMAGINI DI VITA A RUVO DEL MONTE NELLO STESSO PERIODO

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